Un sito internet perché?
Fosse “solo” quello. Aggiungeteci un blog, la sezione vademecum, gallery fotografiche, reel video, revisione e collegamento social, vesti grafiche coordinate.
E io che pensavo di essere stata stoica a imparare l’ebraico. Diciamo che non avevo ancora avuto a che fare con i linguaggi SEO o Javascript (benvenuti nel club di chi pensava di saperne-e-invece).
Un lavoraccio, insomma. In gergo tecnico si chiama personal branding, ovvero la capacità di posizionarsi nella vetrina mondiale del web con un’immagine reale, professionale, credibile.
Missione impossibile? Quasi. Pensiero piuttosto ricorrente in questa avventura digitale che per me - quella che dovrebbe trovare le parole giuste in ogni situazione - è stata davvero un’impresa.
Esiste qualcosa di più difficile del raccontarsi? Del mettersi in gioco con nome e cognome? Per quello che mi riguarda non credo, sono decisamente più agile nel definire i contorni su fatti e vite degli altri, ma arriva un momento in cui occorre tirare le fila di quello che si è stati e di dove si vuole andare, di mettere i famosi puntini sulle “i”, di calibrare bene i pesi tra ciò che conviene, ciò che ci ancòra ad una quotidianità perimetrata e ciò che si vuole essere, in linea con le proprie evoluzioni interiori. Dove oggi gli utenti vogliono conoscerti e trovarti. Personalmente non ho mai avuto paura di voltare pagina anche se è decisamente più complesso di quanto vogliano farci credere le quotes dei proverbi. Nel cambiamento esce tutto, il meglio e il peggio perché il cambiamento svela. Il cambiamento rinnova ma richiede impegno.
Dove si parte? Da una mappa concettuale attraverso cui, per algoritmi e parole chiave, si ricostruisce il mosaico professionale che ci compone. Sereni, si passa da un “Faccio talmente tante cose che no so cosa faccio” al “Come faccio a farci stare tutto?”. Normale amministrazione in un percorso di brandizzazione di se stessi. Occorre avere qualcuno specializzato che sappia captare tutti gli input e trasformarli in skills (competenze), talvolta scartarli, collocarli nel posto giusto. Individuare ciò che è realmente interessante senza sbavature nel troppo che stroppia o, peggio, nell’autocelebrazione.
Oggi riparto da questo spazio tutto mio che si apre al mondo, a chi appartiene al mio sentire, a chi applica filtri energetici anche sul lavoro.
Vedrete, ci sono numerose gallery fotografiche, ho provato a “campionare” ogni situazione-tipo e mi scuso con chi non sono riuscito ad inserire ma ad un certo punto anche lo spazio virtuale si è ribellato. Lo farò, nel tempo, attraverso la sezione Blog e le testate con cui collaborerò qualora qualche aspetto diventi notiziabile (in inglese una parola difficilissima ma efficace: newsworthiness).
Divertitevi quindi a scoprire questo mio nuovo modo di comunicare.
Mi troverete qui e presto su altri progetti.
Sono io, la Galla di sempre. Con un piumaggio nuovo di zecca.
Grazie agli affamati digitali Bentobox
(Angela, Pamela, Fox e tutti gli altri santi subito)