Gli angeli della montagna

Ovvero coloro che vegliano sulla nostra incolumità ad alta quota. Se sono venuti a cercarci, è probabile che ci siamo messi nei guai. Sono pronti a rischiare il tutto per tutto, affrontano i disegni della natura che – per sfortuna o avventatezza – si possono trasformare in trappole. Dal 1971 ad oggi nel territorio veronese è successo almeno 1200 volte, 650 solo nell'ultimo decennio. Tutte operazioni gestite da volontari che, al netto degli impegni lavorativi e personali, trovano il tempo di dedicarsi agli altri in situazioni perlopiù ostiche: dai percorsi non tracciati a canaloni e ghiacciai. Bene che vada si fanno centinaia di metri con una barella in spalle. Non ci sono sabati, domeniche, ricorrenze né anniversari incolumi dallo squillo del telefono. Una scelta che si ripercuote sull’intero nucleo familiare e che perciò andava celebrata con i giusti dogmi.

La stazione veronese del Soccorso Alpino e Speleologico del Cai conta oggi su una squadra di 30 volontari attivi e in mezzo secolo ha coinvolto 116 persone. Quindici di loro non ci sono più e i loro nomi, nel silenzio, sono stati scanditi e salutati con un applauso. Solo uno dei tanti momenti che ho vissuto in occasione del 50°esimo della stazione scaligera del Soccorso Alpino. Tutti, nuove e vecchie guardie, avevano bene impressi nella mente chi sono stati e perché non erano con loro la sera del 19 novembre 2021 nell’auditorium della Gran Guardia a Verona.
Alcuni, la vita, l’hanno persa per salvare quella di altri.

Per ripercorrere la loro storia il “regista” ex volontario Marco Urbani ha voluto raccontare vissuti, testimonianze ed evoluzioni tecnologiche di decennio in decennio. Brevi cortometraggi hanno intrecciato la scenografia del palcoscenico che, man mano, si arricchiva di un pezzo-simbolo e di una parola chiave. Dal fondo sala, sono stati simbolicamente posti da ex volontari e componenti attuali della squadra, per il 1971 - 1980, il telefono a rotella (passione); a seguire il primo «cercapersone» (servizio), la radio personale per i volontari (prevenzione), un estricatore per il soccorso sanitario (tecnica) ed un moderno «Sms Locator» (efficienza), per l'individuazione delle chiamate di soccorso.

E, a proposito di chiamate, un piccolo colpo di scena durante le prove poche ore prima della cerimonia, con una richiesta di soccorso al Santuario Madonna della Corona. Non ho visto esitazioni, né lamentele. La squadra incaricata ha presto “smontato” alcune delle attrezzature allestite per il pubblico e sfrecciato via con uno dei mezzi. Fortunatamente un’operazione semplice, la compagine dei “50 anni” (aneddoto da aggiungere nel libro del prossimo mezzo secolo) è rientrata a circa metà serata, tra gli applausi generali.

Nella concitazione del finale, con volontari attivi e altri in congedo sul palco, ho visto in concreto quanto raccontato in una lunga e intensa serata. Una manciata di loro ha rotto le righe delle foto di gruppo per portare in quegli scatti anche un ex alpino, uno di loro, oggi in sedia a rotelle. Ho scorto la gioia nei suoi occhi quando “volava” sui gradoni che separano dalla platea (quella felicità nell’ultima foto qui sotto).
Non si lascia indietro nessuno, lo spirito del Soccorso Alpino.

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Un cagnetto speciale